(Ascensione di Gesù, Rembrandt 1606-1669)
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… trionfante al tuo bel Regno ascendi,
Cinto di bianche veste,
E di vago splendor, deh’l mio cor prendi.
(Tratto da “Ascensione di Gesù”, venerabile clarissa Francesca Farnese, 1593 – 1651)
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Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24, 46 – 53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
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Meditazione di Eusebio di Cesarea (ca 265 – 340), vescovo, teologo
La Teologia ecclesiastica, III,18-19; PG 24, 1042ss
“Siano anch’essi una sola cosa in noi”
Nella grande preghiera sacerdotale il nostro Salvatore chiede che siamo con lui là dove egli è e che contempliamo la sua gloria. Ci ama come suo Padre lo ama e desidera darci tutto quanto il Padre gli ha dato. La gloria che riceve dal Padre, vuole darcela a sua volta e farci tutti una cosa sola. Vuole che non siamo più una moltitudine ma formiamo tutti insieme una unità, uniti dalla sua divinità nella gloria del regno, non nella fusione di una sola sostanza, ma nella perfezione, culmine della virtù. E’ quanto Cristo ha proclamato quando ha detto: “Che siano Uno!” Così, resi perfetti dalla sapienza, la prudenza, la giustizia, la pietà e tutte le virtù di Cristo, saremo unti alla luce indefettibile della divinità del Padre, diventati noi stessi luce per la nostra unione con lui e pienamente figli di Dio per la comunione a suo Figlio unigenito che ci fa partecipi dello splendore della sua divinità. Così saremo tutti uno col Padre e il Figlio. Poiché, come ha detto che il Padre e lui sono una cosa sola – “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30) – , così prega perché come lui partecipiamo alla stessa unità… Non all’unità della stessa natura che ha col Padre, ma la seguente: come il Padre l’ha fatto partecipe della sua gloria, così lui stesso, a imitazione del Padre, parteciperà la sua gloria a coloro che ama.
Meditiamo con la pittura
“Ascensione di Gesu’” di Rembrandt (olio su tela, 92×68- 1636)
Testo critico a cura di Michele Angarano
La luce nella quale e’ avvolto Gesù, irrompe nelle tenebre come un lampo folgorante.
Seppur immersi nel buio, Rembrandt anima gli Apostoli, con sapienti tocchi di luce, conferendo stupore ed estasi all’espressività dei volti.
La composizione circolare degli Apostoli e degli Angeli, sembra dare slancio all’ascesa verticale di Gesù in cielo, la cui luce emerge come una resurrezione.
La forte caratterizzazione tonale, infine, conferisce al dipinto una intensa tensione emotiva che suscita emozione e ci commuove.
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Meditiamo con la poesia
O mio sposo celeste,
Che trionfante al tuo bel Regno ascendi,
Cinto di bianche veste,
E di vago splendor, deh’l mio cor prendi.
Portalo teco in Cielo
Nascosto, chiuso entr’il tuo divin petto,
Acciò si strugga il gelo,
Che lo circonda, e à tè rechi diletto.
E se quivi serrato
Lo terrai nel tuo seno un sol momento,
Come tutto cangiato
Lo vedrò al fin con mio sommo contento.
Piglialo, ò mio thesoro,
Menalo come schiavo incatenato;
Ch’io qui mi struggo, e ploro,
Per desio di vederlo in tale stato.
Questo già ti fè guerra,
Hor che vai trionfante, e con vittoria,
Da questa nostra terra
Alla felice tua perpetua gloria.
Nel tuo trionfo altero,
Il dover vuol, ch’l tuo nemico vada,
Giunto poscia al tuo Impero,
Fallo morir di fuoco, e non di spada.
Il fuoco sia’l tu’amore,
Che lo consumi tutto à poco à poco,
E per il grand’ardore
Non trovi che in te, rifugio e loco.
Si che forzato sia
Andarti sempre e nott’, e dì cercando,
E à ogni altra compagnia,
Che levi da tè, dar tosto bando.
E nel tuo dolce ardore
Qual Salamandra viva, e si nutrisca,
Fin che punto d’amore
Morto affatto à se stesso, à te s’unisca.