LECTIO DIVINA – Vangelo martedì VII di Pasqua

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Lectio Divina: Martedì VII settimana di Pasqua

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Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 17,1-11a.)

In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

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Meditazione del Beato Guerrico d’Igny (ca 1080-1157), abate cistercense

Omelia per l’Ascensione, 1-2: PL 185, 153-155

« Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre…disse »

Il Signore ha fatto questa preghiera la vigilia della sua passione. Ma si può dire pure che riguarda il giorno dell’Ascensione, il momento in cui egli stava per separarsi, per l’ultima volta, dai suoi « figlioli » (Gv 13, 33) che aveva affidato al Padre suo. Lui, che in cielo ammaestra e dirige la moltitudine degli angeli che ha creati, aveva legato a sé sulla terra un « piccolo gregge » (Lc 12, 32) di discepoli per istruirli con la sua presenza nella carne fino al momento in cui, con cuore dilatato, sarebbero stati in grado di essere condotti dallo Spirito. Amava questi piccoli con un amore degno della sua grandezza. Li aveva staccati dall’amore di questo mondo. Li vedeva rinunciare ad ogni speranza di quaggiù per dipendere solo da lui. Tuttavia, finché viveva con loro nel suo corpo, non ha prodigato loro con superficialità l’espressione del suo affetto; si è mostrato con loro più fermo che tenero, come conviene ad un maestro e ad un padre. Ma, venuto il momento di lasciarli, egli sembra vinto dal tenero affetto che nutriva per loro, e non può dissimulare l’immensità della sua mansuetudine… Per cui è scritto: « Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine » (Gv 13, 1). Infatti in quel momento ha donato, in certo senso, tutta la forza del suo amore per i suoi amici, prima di versare se stesso, come acqua, per i suoi nemici (Sal 22, 15). Ha consegnato loro il sacramento del suo corpo e del suo sangue e ha prescritto loro di celebrarlo. Non so cosa si deve maggiormente ammirare: la sua potenza o la sua carità, quando ha inventato questo nuovo modo di restare con loro per consolarli della sua partenza.